Alla mensa della Parola – 3a domenica di Pasqua

Questa domenica vi proponiamo un commento del Cardinale Carlo Maria Martini al brano dei discepoli di Emmaus.

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Luca 24:13-53

13 Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus,14 e conversavano di tutto quello che era accaduto. 15 Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro.16 Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. 17 Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18 uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19 Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20 come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. 21 Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute.22 Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro 23 e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo.24 Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l’hanno visto».

25 Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! 26 Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27 E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 28 Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29 Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno gia volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. 30 Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31 Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. 32 Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». 33 E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34 i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». 35 Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Commento al brano di Carlo Maria Martini (Partenza da Emmaus)

“I discepoli di Emmaus”: un brano che ha sempre affascinato. Vangelo in miniatura, è un racconto dove fede ed emozione, ragione e sentimento, dolore e gioia, dubbio e certezza si fondono, toccando le corde più profonde del lettore, sia esso credente o soltanto in ricerca, creando profonde risonanze al desiderio di mettersi in cammino verso Colui che offre la pienezza della felicità. Di esso sono state offerte numerose letture: quella propriamente biblica, quella catechetica, quella liturgica…ognuna da approfondire. Ora ci focalizzeremo sulla interpretazione del racconto.

In cammino verso Emmaus: la vita sconfitta

Gli avvenimenti a Gerusalemme si sono svolti vorticosamente e crudelmente: il processo, l’agonia, la morte, la sepoltura. Due dei discepoli di Gesù, che hanno assistito a tutto ciò, se ne vanno da Gerusalemme verso un villaggio di nome Emmaus e parlano di tutti gli avvenimenti che si sono susseguiti davanti ai lori occhi… hanno subito lo scacco delle loro proiezioni… E’ LA FUGA DAL CROCIFISSO. Tra le tante chiavi di lettura del brano, sono interessanti i temi della “strada” e della “parola”. Gesù ed i due discepoli parlano camminando ed il parlare camminando è importante nell’opera lucana. Infatti è propria di questo evangelista la sezione del “grande viaggio”, ben dieci capitoli (9,51-19,27) nei quali viene raccontato il viaggio di Gesù e dei discepoli verso Gerusalemme, all’interno del quale sono inseriti importanti parabole e discorsi del Maestro. I due discepoli non riescono ad attribuire significato al momento della morte di Gesù. Per loro la croce è ancora un incomprensibile scandalo. Sulla croce è svanito il sogno di poter realizzare con Gesù un cambiamento concreto nel loro paese (“noi speravamo che fosse lui a liberare Israele”). E’ vero, continua il racconto, che si è sparsa la voce, alimentata da alcune donne, che egli è vivo, ma i discepoli, in fin dei conti, Gesù non lo hanno visto… I due hanno dato sfogo a tutto quello che avevano dentro. In loro si vede la differenza tra il sapere ed il credere: hanno proclamato un perfetto credo in Gesù di Nazareth, riconoscendone la qualità di profeta, fino alla affermazione: “Egli è vivo”… ma restano nell’incomprensione. Tutto è stato detto, ma tutto resta oscuro. Tutto è razionalmente raccontato, ma di tutto sfugge il senso profondo.

La Parola interpreta la vita

Ora Luca imprime una svolta al racconto. Pone di fronte alla comunità l’ostacolo che non riusciva a superare: la morte di Gesù. Luca dà il senso totale del Cristo attraverso la spiegazione delle Scritture e la frazione del pane. La pietra d’inciampo dei discepoli era la croce. Con essa sembravano morte tutte le loro speranze. Allora Luca inserisce in bocca a Gesù un verbo tipico di tutta la teologia lucana della croce: “Non bisognava che…”. Cosa vuol farci capire l’evangelista? Ad un primo livello, si può dire che la morte di Gesù è il naturale epilogo della sua prassi di profeta. Il conflitto instaurato con le guide religiose del popolo, il contrasto su aspetti fondamentali della religione (il sabato, la purità, la legge, il tempio…) lo conduce inevitabilmente ad una morte violenta. Ma il martirio di Cristo-Profeta è solo una delle chiavi di lettura. Il verbo “bisognava” sottrae la morte di Gesù alle leggi del fato, della natura o della politica per assumerla direttamente nella decisione libera, sovrana, gratuita di Dio. Quello che era il punto di inciampo, lo scacco insormontabile, ora è rivissuto in termini salvifici: la morte è il massimo momento rivelativo di Dio, è il passaggio obbligato per poter entrare nella gloria del Padre. E’ ora Gesù stesso che spiega ciò che nelle letture si riferisce a lui e si pone come senso, compimento, chiave di lettura della storia di Israele. Non una minuziosa ricerca di possibili anticipazioni del futuro, ma una rilettura dell’intero destino umano alla luce del progetto di Dio, come manifestatosi nella persona di Gesù. Questa “catechesi biblica” segna profondamente l’esperienza dei due discepoli. Il groviglio inestricabile nel quale si dibattevano inizia a districarsi.

Il Pane spezzato e condiviso

Dopo la Parola, il Pane: siamo al secondo, grande segno rivelatore del Signore Gesù. I due discepoli insistono con il Signore: “Resta con noi…”, ed egli entra “per rimanere con loro”. I due discepoli di Emmaus riconoscono nel pasto un Gesù che ben conoscevano: il Gesù che si dona nella comunione della mensa, il Gesù del pane donato a tutti che mangia con i peccatori, con i farisei, con gli amici, che chiede al Padre il pane quotidiano, che si consegna alla memoria degli amici nel pane spezzato. Nel segno della frazione del pane, Gesù si rende riconoscibile ai discepoli; e non solo riconoscibile, ma sacramentalmente presente nella comunità cristiana. Il verbo utilizzato da Luca per la frazione del pane è un imperfetto e non un passato ed andrebbe pertanto tradotto non “lo diede loro”, ma “lo dava loro”. Un modo in più, per Luca, di indicare che la promessa di Gesù di entrare “per rimanere con loro” viene mantenuta oltre ogni aspettativa. L’imperfetto, indicando una azione continuata, evoca il Cristo che siede alla mensa degli uomini di tutti i tempi. Gli occhi si aprono, il cuore è ardente, ma Gesù sparisce dalla vista. Nella magistrale architettura di Luca, gli occhi dei discepoli prima della frazione del pane non riuscivano a “vedere” Gesù che pure era presente, mentre lo riconoscono proprio ora che lui sparisce dalla loro vista. E’ una nuova economia di salvezza che si apre, con il Cristo presente non più di persona, ma nei segni sacramentali e nella testimonianza della comunità.

La missione: la vita rinnovata

La decisione è immediata: si rimettono in cammino su quella stessa strada che li aveva visti sconfitti. E Luca sottolinea “Partirono senza indugio”. E’ il momento della missione: il Cristo risorto si è consegnato ai discepoli ed essi ne divengono i testimoni: “Di questo voi siete testimoni” (Lc. 24,48). Tutti i racconti di resurrezione terminano con l’invio in missione. I due discepoli volevano fermarsi ad Emmaus, ma il risorto li ha condotti sulla strada della missione. Torneranno a Gerusalemme e da Gerusalemme la missione continuerà finché ad ogni uomo sia annunciato il Vangelo: Avrete la forza dello Spirito Santo che scenderà si di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (At. 1,8).

Nella comunità

I due discepoli tornano a Gerusalemme dove è costituita la Chiesa. Luca ha cura di sottolineare la valenza ecclesiale della conversione dei due discepoli. Infatti, ancor prima che essi raccontino la loro esperienza fatta sulla strada per Emmaus, ascoltano dagli undici la professione di fede ecclesiale “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone”. E’ all’interno di questa ed in sintonia con questa confessione ecclesiale, in cui si nota la figura di Pietro come simbolo di unità e comunione, che i due discepoli possono poi raccontare di “come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane”.